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Le novità in tema di congedi parentali introdotte dal d.lgs. 105/2022 sono realmente efficaci nel garantire l’eguaglianza sostanziale tra i generi e una maggiore conciliazione tra impegni familiari e lavoro?

Cosa prescrive la direttiva UE 1158/2019 in tema di parità di genere e conciliazione tra famiglia e lavoro? Com’era la disciplina dei congedi parentali prima delle modifiche introdotte col recentissimo d.lgs. 105/2022? Cosa dice il nuovo decreto in proposito? La disciplina attuale dei congedi parentali può dirsi sufficientemente efficace a garantire la reale uguaglianza sostanziale tra uomo e donna?

La moda del momento consiste nel pubblicizzare, a gran voce, l’eguaglianza tra i generi.

Si tratta di un’eguaglianza più formale che sostanziale.

Il legislatore italiano, da sempre, si è rivelato poco attento verso le politiche familiari.

Nel contesto legislativo (ma anche culturale) precedente come in quello attuale poco spazio residua in favore della comprensione della famiglia e delle esigenze che essa comporta.

Si parla di libertà di scelta della donna in riferimento alla famiglia e al lavoro come se l’una dovesse, necessariamente, escludere l’altro.

Le politiche di pari opportunità si sono, infatti, più che altro incentrate nel prevedere obbligatorie quote di riserva, soprattutto tra le cariche amministrative o politiche, un po’ come le quote di riserva previste per i disabili.

Questo approccio non rispetta, tuttavia, la dignità delle donne e non consente di farne realmente emergere le capacità individuali.

Sotto un altro fronte, invece, qualcuno ha rivendicato l’esigenza di un maggior numero di strutture presso le quali lasciare i propri figli, delegandone la cura a terzi.

Quest’altro approccio è del tutto insensibile alla tutela delle esigenze affettive e psicologiche del minore.

Quest’ultimo, soprattutto nell’infanzia finanche la prima adolescenza, ha necessità di disporre di punti di riferimento solidi e sicuri quale solo possono essere, nella maggior parte dei casi, i propri genitori.

Numerosi studi scientifici e pedagogici dimostrano come i soggetti che abbiano beneficiato, stabilmente e per lungo tempo durante la loro infanzia, della presenza di punti di riferimento affettivi certi, solidi e univoci abbiano, in età adulta, raggiunto maggiori livelli di autostima nonché capacità di autodeterminazione e risoluzione dei problemi.

A ciò si aggiunga che i minori, fino al raggiungimento del 14° anno di età, non possono mai essere lasciati incustoditi.

In caso contrario si incorre nella fattispecie penalmente sanzionabile ex art. 591 c.p.

Sotto questo profilo, i soggetti infraquattordicenni dovrebbero essere equiparati ai soggetti disabili gravi in riferimento agli obblighi di custodia.

Si può sostenere, perciò, che il genuino raggiungimento della libertà femminile si ottenga solo predisponendo i presupposti che consentono non già di scegliere il lavoro piuttosto che la famiglia, bensì di conciliare la gestione dell’uno e dell’altra.

Ai fini di una reale pari opportunità occorre, cioè, offrire condizioni che permettano alle donne di gestire sia il lavoro che la famiglia, senza compromessi.

Due strumenti potenzialmente efficaci, sotto questo frangente, sono:

  • Corsie preferenziali di accesso allo smart working in favore dei genitori di figli minori di quattordici anni;
  • Concessione di congedi parentali adeguatamente retribuiti o indennizzati, che non riducano le garanzie giuridiche ed economiche attribuite agli altri lavoratori.

L’accesso allo smart working consente di gestire in presenza la famiglia, stare con i propri figli e, nel contempo, svolgere pienamente l’attività lavorativa.

Lo smart working riduce, grandemente, le necessità di delega ad altri, soprattutto estranei, la cura dei figli e permette ai genitori di non dover rinunciare alla vita lavorativa.

La concessione di congedi, d’altra parte, consente di potersi dedicare con maggior impegno alla famiglia, soprattutto nei periodi in cui se ne presenti la necessità, senza dover rinunciare al rapporto di lavoro.

Il fatto che essi siano, inoltre, adeguatamente retribuiti o indennizzati costituisce un incentivo affinché gli stessi vengano richiesti e fruiti anche dai padri, generalmente meno inclini delle madri a farne richiesta.

È, infatti, innegabile che, per un’altissima percentuale, il peso della gestione della prole gravi, ancora oggi, in gran parte sulla donna.

In tal modo, quand’anche la madre avesse necessità di doversi assentare dalla famiglia per esigenze lavorative, sussistono maggiori possibilità di fare affidamento sull’apporto attivo del padre che può, alternativamente e temporaneamente, sostituirsi nella gestione in presenza della prole.

Questi principi fondamentali sono stati enunciati nella non troppo recente direttiva UE 2019/1158 alla quale lo Stato Italiano ha dato applicazione, in quanto tenuto a farlo entro il termine di due anni dalla pubblicazione della stessa, col d.lgs. 105/2022.

Si vedrà, ora, in che misura è stata attuata tale direttiva e quali sono le differenze rispetto alla disciplina previgente.

Indice.

  1. Cosa prevedeva la disciplina antecedente il 29 luglio 2022 in merito a maternità e congedi parentali?
  2. Quali sono i punti previsti dalla direttiva UE 2019/1158?
  3. Obiettivi della direttiva UE.
  4. Principi ispiratori della direttiva UE.
  5. Direttiva UE e attuazione del principio di eguaglianza sostanziale.
  6. Principali novità introdotte dal d.lgs. 105/2022 in tema di congedi parentali.
  7. Congedo di paternità obbligatorio.
  8. Congedo parentale indennizzato.
  9. Parità di trattamento giuridico.
  10. Condotta ostativa sanzionabile
  11. Sanzioni applicabili.
  12. Smart working.
  13. Valutazioni conclusive.

1 – Cosa prevedeva la disciplina antecedente il 29 luglio 2022 in merito a maternità e congedi parentali?

La disciplina antecedente il d.lgs. 105/2022 era riassunta nel d.lgs. 151/2001, recante il “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità”, e nel successivo d.lgs. 80/2015 che lo ha in parte modificato.

In riferimento al congedo parentale, la normativa originaria prevedeva:

  • tra entrambi i genitori, un periodo massimo fruibile di 10 mesi.
  • Il periodo di 10 mesi poteva essere elevato a 11 complessivi per entrambi i genitori qualora il padre fruisse di un periodo continuativo non frazionato di almeno 3 mesi.
  • Tale periodo poteva essere utilizzato fino al compimento del 12° anno di età del minore.
  • Ciascun genitore poteva fruire di un periodo massimo complessivo di 6 mesi.
  • In caso di genitore unico questi poteva fruire di tutti i 10 mesi già previsti in presenza di due genitori.
  • Fino al 6° anno di vita del bambino (elevabile a 8 per famiglie che non superavano certi livelli reddituali), entrambi i genitori potevano fruire, nell’ambito dei 10 mesi citati, un massimo di 6 mesi indennizzati nella misura del 30% della retribuzione.
  • Oltre il 6° anno (oppure l’8° in presenza dei presupposti economici di cui al decreto) i genitori potevano fruire solo di un periodo di congedo non indennizzato entro il limite complessivo citato di 10 mesi (o 11 nel caso previsto).

2 – Quali sono i punti previsti dalla direttiva UE 2019/1158?

La direttiva UE 2019/1158 ha imposto l’adeguamento degli ordinamenti degli stati membri in riferimento ad alcuni punti fondamentali per quanto riguarda la tutela della maternità e congedi parentali.

Nello specifico, la direttiva ha posto le seguenti linee guida:

  • Previsione di un periodo minimo di congedo di maternità e congedi parentali;
  • Previsione, a favore di ciascun genitore, di almeno 2 mesi non trasferibili dei 4 mesi minimi previsti per il congedo parentale;
  • Attribuzione ai congedi parentali di una retribuzione o indennità non inferiore alla misura prevista per le indennità da assenza per motivi di salute (indennità di malattia);
  • Divieto di licenziamento del lavoratore durante il periodo di fruizione del congedo di maternità o del congedo parentale;
  • Diritto, per i genitori di figli non inferiori a 8 anni di età, di richiedere forme di lavoro flessibili;
  • Divieto di trattamento meno favorevole dei lavoratori causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo di maternità, del congedo parentale o di forme di lavoro flessibile in conseguenza della propria condizione familiare.

3 – Obiettivi della direttiva UE.

Gli obiettivi prefissati dalla Direttiva UE sono evidenti:

  • Rendere effettiva la pari opportunità tra uomo e donna consentendo a quest’ultima, per quanto possibile, di gestire nel contempo sia la famiglia e la prole che il lavoro, senza dover necessariamente ricorre a deleghe esterne.
  • Incentivare il ruolo del padre sia direttamente, in quanto genitore anch’egli, sia come sostituto della madre in sua assenza.
  • Garantire la pari dignità, sia economica che normativa, tra lavoratori, a prescindere dalle esigenze familiari personali;

4 – Principi ispiratori della Direttiva UE.

I principi sono chiaramente espressi nella parte introduttiva della norma europea.

Nella direttiva citata, a tal proposito, si raccomanda: “Gli Stati membri dovrebbero pertanto stabilire un livello per la retribuzione o l’indennità in relazione al periodo minimo di congedo di paternità che sia almeno pari al livello della prestazione di malattia nazionale”.

Si osserva, altresì, che “Nel fissare il livello della retribuzione o indennità previsti per il periodo minimo non trasferibile di congedo parentale, gli Stati membri dovrebbero tener conto del fatto che la fruizione del congedo parentale spesso comporta una perdita di reddito per la famiglia e che il primo percettore di reddito di una famiglia è in grado di esercitare il proprio diritto al congedo parentale soltanto se quest’ultimo è sufficientemente retribuito, in vista di consentire un tenore di vita dignitoso”.

In riferimento allo smart working, inoltre, la direttiva raccomanda: “Affinché siano incoraggiati a rimanere a far parte della forza lavoro, i lavoratori che sono genitori e i prestatori di assistenza dovrebbero poter adeguare il calendario di lavoro alle proprie esigenze e preferenze personali. A tal fine e prestando attenzione alle esigenze dei lavoratori, questi hanno pertanto il diritto di richiedere modalità di lavoro flessibili al fine di adeguare l’organizzazione della vita professionale, anche, laddove possibile, mediante l’uso del lavoro a distanza, calendari di lavoro flessibili o una riduzione dell’orario di lavoro, allo scopo fornire assistenza”.

5 – Direttiva UE e attuazione del principio di eguaglianza sostanziale.

La Direttiva mira, pertanto, a dare attuazione alla eguaglianza sostanziale, offrendo alle donne che si facciano carico della gestione di una famiglia gli strumenti per poterlo fare in concomitanza con l’esercizio di un’attività professionale.

Sempre nella parte introduttiva si legge, infatti:

L’equilibrio tra attività professionale e vita familiare resta tuttavia una sfida considerevole per molti genitori e lavoratori con responsabilità di assistenza, in particolare a causa della crescente prevalenza di orari di lavoro prolungati e di orari di lavoro che cambiano, il che ha un impatto negativo sull’occupazione femminile”.

L’attuale quadro giuridico dell’Unione prevede incentivi limitati volti a far sì che gli uomini condividano equamente le responsabilità di assistenza. La mancanza di congedi di paternità e parentali retribuiti in molti Stati membri contribuisce al basso utilizzo di congedi da parte dei padri. Lo squilibrio nella concezione delle politiche a favore dell’equilibrio tra attività professionale e vita familiare tra donne e uomini rafforza gli stereotipi e le differenze di genere nell’ambito del lavoro e dell’assistenza. Le politiche in materia di parità di trattamento dovrebbero mirare ad affrontare la questione degli stereotipi relativi alle professioni e ai ruoli sia maschili sia femminili […] Inoltre, l’uso di meccanismi per conciliare attività professionale e vita familiare da parte dei padri, come il congedo o le modalità di lavoro flessibili, ha dimostrato di incidere positivamente sulla riduzione della percentuale di lavoro domestico non retribuito svolto dalle donne e di lasciare loro più tempo per il lavoro retribuito”.

6 – Principali novità introdotte dal d.lgs. 105/2022 in tema di congedi parentali.

Come si è anticipato in premessa, con la pubblicazione del d.lgs. 105/2022 il legislatore intenderebbe perseguire una reale parità di genere, soprattutto incentivando la partecipazione del padre alla vita familiare.

A tal fine, le principali misure predisposte sono le seguenti:

  • Previsione di un periodo di congedo di paternità obbligatorio in concomitanza con la nascita della prole;
  • Previsione di ulteriori 3 mesi di congedo indennizzato, in aggiunta al precedente periodo di 6 mesi;
  • Intrasferibilità dei congedi dei quali 3 mesi possono essere fruiti solo dal padre e 3 mesi solo dalla madre;
  • Prolungamento della possibilità di fruizione del periodo di congedo indennizzato fino al compimento del 12° anno di vita del bambino;
  • Inasprimento delle sanzioni a carico del datore di lavoro che impedisce o ostacola la fruizione dei congedi parentali.

7 – Congedo di paternità obbligatorio.

Al d.lgs. 151/2001 viene aggiunto un ulteriore articolo 27bis con il quale si stabilisce che “il padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa

Si tratta di un periodo di astensione equiparabile, anche per quanto riguarda il trattamento economico e previdenziale, all’astensione per maternità della madre.

Il congedo di paternità obbligatorio, infatti, è retribuito per intero.

Esso, inoltre, rimane tutelato dall’applicabilità di sanzioni amministrative a carico del datore di lavoro che ne ostacolasse la fruizione.

Il congedo obbligatorio, a differenza di quello facoltativo indennizzato, non può essere fruito ad ore.

8 – Congedo parentale indennizzato.

Alcune novità riguardano il congedo parentale indennizzato.

A seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. 105/2022 al d.lgs. 151/2001, il congedo parentale indennizzato può essere fruito fino al 12° anno di vita del bambino e non più solo fino al 6° o all’8°.

Inoltre, il periodo indennizzato è aumentato da 6 a 9 mesi.

In caso di unico genitore, i 9 mesi sono fruibili esclusivamente da quest’ultimo

In caso di entrambi i genitori, esso può essere ripartito come segue:

  • 3 mesi non trasferibili a favore del padre;
  • 3 mesi non trasferibili a favore della madre;
  • 3 mesi fruibili da entrambi i genitori a scelta.

L’indennità rimane invariata ed è pari al 30% della retribuzione come calcolata secondo i parametri previsti dallo stesso Testo Unico.

9 – Parità di trattamento giuridico.

Una novità importante è costituita dalla previsione secondo cui, durante la fruizione del congedo parentale, il lavoratore ha diritto allo stesso trattamento giuridico.

Nello specifico, i periodi di congedo parentale “sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi alla effettiva presenza in servizio”.

In precedenza, invece, la fruizione del congedo comportava la riduzione di ferie, permessi, 13° mensilità, anzianità di servizio, proporzionalmente alla misura dell’indennità percepita.

10 – Condotta ostativa sanzionabile.

In caso di rifiuto, opposizione o ostacolo da parte del datore di lavoro alla fruizione dei congedi, sono previste una serie di sanzioni.

Poiché la norma non specifica al riguardo ma utilizza tutte e tre le azioni negative in modo generale, è da ritenersi che qualsiasi impedimento anche indiretto posto in essere dal datore di lavoro possa costituire presupposto per l’applicazione delle sanzioni previste.

La circostanza è confermata, peraltro, dalla ormai esplicitata parità di trattamento normativo rispetto agli altri lavoratori come precisato al precedente p.to 9.

Di talché anche eventuali ostacoli alla fruizione di benefici come, ad esempio, lo smart working, motivati in ragione della fruizione del congedo parentale sono da ritenersi condotte sanzionabili.

11 – Sanzioni applicabili.

Le sanzioni previste in caso di condotta ostativa da parte del datore di lavoro sono le seguenti:

  • Sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582;
  • Impossibilità di ottenere il rilascio alle certificazioni di parità di genere per le condotte sanzionabili tenute entro i due anni precedenti la richiesta della certificazione

La sanzione amministrativa deve essere applicata dalla Direzione Territoriale del Lavoro competente per territorio, dietro segnalazione dell’interessato o di altri soggetti quali, ad esempio, le rappresentanze o associazioni sindacali.

12 – Smart working.

Per quanto riguarda, invece, lo smart working, il decreto legislativo 105/2022 si limita a prevedere la sussistenza di un requisito di precedenza per i genitori di figli fino al 12° anno di età.

Non sussiste alcun diritto allo smart working la cui concessione rimane nella piena discrezionalità del datore di lavoro.

Di tal ché la raccomandata flessibilità di cui alla direttiva UE può essere consentita solo in ragione della disponibilità del datore di lavoro.

13 – Valutazioni conclusive.

Si rileva, in primo luogo, la tardività con cui interviene questo provvedimento rispetto alla direttiva UE 2019/1158 emanata oltre 2 anni prima.

Alla luce, inoltre, di quanto osservato, raccomandato e disposto nella stessa direttiva, ci si rende agevolmente conto di quanto blando sia stato questo intervento legislativo.

La prima critica riguarda la persistenza di un irrisorio indennizzo, pari solo al 30%, del congedo parentale.

Tale misura di indennizzo è ben lungi dal raggiungere il livello del trattamento di malattia, come auspicato dalla direttiva UE.

Sotto questo profilo, l’attuale disciplina del congedo parentale continuerà ad apparire per nulla funzionale all’incentivazione dei padri nella fruizione dell’istituto.

Di tal ché le madri, peraltro anch’esse spesso poco propense a richiederlo, continueranno a farsi carico per la maggior misura degli incombenti di cura familiare.

Considerato quanto sopra, la previsione di ulteriori 3 mesi non trasferibili a favore del padre non ha alcuna logica giuridica.

Posto, infatti, che con un indennizzo così basso i padri continueranno, per lo più, a non fruire del congedo parentale, ciò si tradurrà in una perdita dei tre mesi non trasferibili a scapito della madre che ipoteticamente ne fruirebbe.

Nella pratica reale, per la maggior parte delle famiglie l’unico beneficio percepito consisterà nella possibilità di fruire di tali congedi fino al 12° anno di età e nel mantenimento del trattamento giuridico connesso a ferie, anzianità di servizio, 13° mensilità, permessi, etc.

Non possono essere definite, queste, efficaci politiche di sostegno alla famiglia, alla parità di genere e all’eguaglianza sostanziale.

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