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Vaccinazione e somministrazione di farmaci ai minorenni: cosa succede in caso di discordanza tra i genitori o tra genitori e figlio?

Chi decide sulla somministrazione di farmaci al figlio minorenne?
Può decidere un solo genitore, oppure occorre il necessario accordo?
Cosa accade in caso di disaccordo tra essi?
E se il disaccordo è sorto tra genitori e figlio?
Il Giudice chiamato ad intervenire quali parametri dovrà tenere in considerazione?

Come si legge dalle cronache, a breve forse sarà introdotta la vaccinazione COVID-19 anche per la fascia di età 05-11 anni.

Essa era già stata introdotta per la successiva fascia di età 12-18.

Poiché gli effetti delle scelte politiche legate al COVID-19 hanno colpito in larga misura, sia sotto il profilo sociale che psicologico, i minorenni, si può ben capire come già dal principio ciò abbia potuto innescare il germe per un potenziale conflitto generazionale e per conflitti familiari di varia natura.

Questo genere di conflitti nella maggior parte dei casi non si risolve positivamente.

Nella risoluzione della controversia viene coinvolto un soggetto terzo, estraneo alla vita familiare: il giudice che, di fatto, si sostituirà alla potestà genitoriale sospendendola per la parte che interessa.

Difficilmente le decisioni prese saranno idonee a soddisfare appieno gli interessi di tutte le parti.

Il Giudice, infatti, ha una sua visione politica che prescinde dalla individualità di ciascun soggetto poiché, spesso, condizionato dalle vicende pubbliche.

Non sempre gli interessi individuali vengono posti in primo piano rispetto agli interessi collettivi.

Con il pretesto di assecondare le scelte del minore non è infrequente che si colga l’occasione per soddisfare maggiormente questi interessi collettivi (o presunti tali) a detrimento dei diritti individuali.

Nel corso della trattazione, oltre a delineare il quadro normativo entro il quale si sviluppano tutte queste vicende familiari, si valuterà in linea sintetica la giurisprudenza preesistente in tema di contrasti familiari sui trattamenti farmacologici e sanitari in genere e la giurisprudenza (per ora solo di merito) che si sta formando in tema di vaccini COVID-19, tenendo presente che non si può ancora parlare di orientamento giurisprudenziale consolidato poiché poche e sparpagliate sono le sentenze intervenute al riguardo.

Indice

  1. Qual è l’origine della potestà decisionale in tema di trattamenti sanitari del minore?
  2. Quali sono le basi giuridiche per l’applicazione di un trattamento sanitario al minore?
  3. Anche per il minore si può parlare di consenso informato?
  4. Chi può esprimere il consenso informato in luogo del minore?
  5. Come si stabilisce la volontà del minore in relazione all’età e al grado di maturità?
  6. Minore età e capacità di esprimere un consenso valido.
  7. Come si attua il criterio della tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel rispetto della sua dignità?
  8. Criteri decisionali delle ultime sentenze di merito sui vaccini: interesse del minore o tutela della salute pubblica?
  9. Criteri decisionali delle ultime sentenze di merito sui vaccini: Cosa si intende per “dati scientifici univoci”?

1. Qual è l’origine della potestà decisionale in tema di trattamenti sanitari del minore?

In tema di trattamenti sanitari del minore occorre partire dall’art. 316 c.c. che introduce la responsabilità genitoriale.

In assenza di accordo, la parte interessata può adire il giudice.

2. Quali sono le basi giuridiche per l’applicazione di un trattamento sanitario al minore?

Come per qualunque individuo, la base giuridica fondamentale è da ricercarsi nell’art. 32 Cost. che garantisce il diritto all’assistenza sanitaria e alla salute.

Un ulteriore base giuridica è da rinvenirsi nella legge 219/2017 che, all’art. 3 dispone: “La persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione, nel rispetto dei diritti di cui all’art. 1, comma 1. Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà”.

Da qui se ne deduce la rilevanza delle capacità di comprensione e decisione e, in relazione ad esse, la capacità di esprimere una volontà specifica da parte del minore in ordine al trattamento sanitario.

3. Anche per il minore si può parlare di consenso informato?

In tema di trattamenti sanitari si applica comunque, anche in riferimento ai minori, la normativa sul consenso libero e informato di cui all’art. 1, comma 1, legge 219/2017.

Essa è funzionale alla tutela del diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona.

L’art. 3, comma 2 della citata legge precisa al riguardo che il consenso informato deve essere espresso “tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità”.

Dalla norma emergono, pertanto, due parametri fondamentali su cui si dovrà basare il consenso al trattamento sanitario del minore:

  • Volontà della persona del minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità;
  • Tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel rispetto della sua dignità.

4. Chi può esprimere il consenso informato in luogo del minore?

Le decisioni relative la gestione della prole, in ordinario regime di affido condiviso, devono essere prese di comune accordo tra i genitori.

Poiché, inoltre, il minore non ha autonoma capacità, il consenso informato al trattamento sanitario è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore.

Inverò la minore età non può essere considerata un criterio unico poiché tra le varie fasce che vanno dall’infanzia alla tarda adolescenza, sussistono diversi gradi di maturità psichica e capacità di discernimento.

5. Come si stabilisce la volontà del minore in relazione all’età e al grado di maturità?

L’ordinamento giuridico non fornisce un quadro preciso e ben delineato.

Per tale motivo la giurisprudenza si affida, spesso, alle normative previste in tema di capacità d’agire e, in qualche misura, ai generici criteri forniti dal diritto internazionale.

Sicuramente rilevante, ad esempio, viene ritenuto il parere del minore a partire dai 12 anni che, in tema di controversie relative alla potestà genitoriale, deve essere acquisito secondo quanto prescritto da varie norme internazionali e, da ultimo, il regolamento UE 219/1111.

Il giudice, tuttavia, in base ad una valutazione individuale può ritenere che anche prima il minore abbia ottenuto un sufficiente grado di discernimento.

Non si trascuri, inoltre, la normativa sul minore emancipato che, a partire dai 16 anni, potrebbe potenzialmente raggiungere la capacità d’agire ai sensi dell’art. 84 cc.

Pertanto, ragionevolmente, un minore ultrasedicenne si potrebbe ritenere che raggiunga un grado di capacità di autodeterminazione sufficiente al raggiungimento di un consenso informato pieno e consapevole.

Mentre per età inferiori a 9 o 10 anni spesso la giurisprudenza si è espressa nel ritenere rilevante, ma comunque non dirimente, il parere dei minori soprattutto quando concorde col genitore, senza fare riferimento alla eventuale capacità di esprimere un consenso valido.

Per un approfondimento su tutti questi aspetti e una rassegna giurisprudenziale approfondita in tema di trattamenti sanitari sui minori, si rimanda a questo articolo.

6. Minore età e capacità di esprimere un consenso valido.

Si capisce bene che la giurisprudenza, almeno a partire dai 12 anni, ha ritenuto compatibile la minore età con la capacità di esprimere un consenso informato valido ed efficace e, pertanto, con una sufficiente capacità di autodeterminazione.

In sintesi, sulla questione possono riassumersi le seguenti conclusioni:

  • Per età inferiori a 18 anni ma maggiori o prossime ai 16, valutando naturalmente le peculiarità del caso concreto, si può ritenere che il minore possa aver raggiunto una piena capacità di autodeterminazione equiparabile al soggetto maggiorenne;
  • Per i 12 anni in su (ma anche poco prima su valutazione del giudice in riferimento al singolo interessato), il minore deve essere sempre ascoltato e, in base al grado di maturità raggiunto, il suo parere potrebbe essere ritenuto ragionevolmente preponderante rispetto alla decisione del genitore o dei genitori dissenzienti;
  • Al di sotto dei 12 anni, sebbene sia opportuno acquisire il parere del minore esso non dovrebbe essere ritenuto dirimente ma solo indicativo.

7. Come si attua il criterio della tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel rispetto della sua dignità?

In riferimento, invece, a questo ultimo frangente, spesso la giurisprudenza di merito ha ritenuto rilevante quella che dovrebbe essere l’opinione scientifica preponderante.

Le ultime sentenze di merito, quantomeno dell’ultimo quinquennio, hanno avuto come perno i seguenti criteri:

  • Sussistenza di un pericolo concreto per la salute del minore
  • Sussistenza di dati scientifici univoci da cui risulti l’efficacia del farmaco

8. Criteri decisionali delle ultime sentenze di merito sui vaccini: interesse del minore o tutela della salute pubblica?

I criteri di cui sopra sono stati, in particolar modo, tenuti in considerazione per quanto riguarda l’imposizione o l’autorizzazione alla vaccinazione di minori, anche in caso di insussistenza di obbligo di legge.

Si pensi, esemplificativamente, a Tribunale di Ravenna 30 agosto 2021 o Tribunale di Monza 22 luglio 2021 in tema di vaccini COVID-19.

Il primo punto è stato valutato in riferimento alla gravità e alla diffusione del virus senza, tuttavia, fare un’analisi approfondita del rischio concreto in base alle varie fasce di età.

È noto, infatti, che in riferimento al COVID-19 il rischio specifico per i soggetti minorenni è estremamente basso, salvo qualche eccezione che può sussistere per qualsiasi altra patologia.

La valutazione del criterio è da ritenersi, pertanto, sbilanciata decisamente a favore della tutela della salute pubblica, più che a favore della salute del minore.

Ciò è riconfermato dal parere rilasciato in materia dal Comitato Nazionale per la bioetica, spesso preso in larga considerazione da taluni giudici monocratici.

Il Comitato, al riguardo, ha ritenuto “che la vaccinazione sugli adolescenti possa salvaguardare la loro salute e contribuire a contenere l’espansione del virus nell’ottica della salute pubblica, in particolare in vista del rientro a scuola”.

Il fatto desta non poca perplessità dato che, in tema di trattamento sanitario sui minori, sia la normativa interna che la normativa internazionale non parlano di bilanciamento tra interesse collettivo e interesse individuale bensì solo di “tutela della salute psicofisica e della vita” del minore stesso.

Ciò è tanto più valido in riferimento a trattamenti sanitari non obbligatori e, per giunta, soggetti a CMA in assenza di dati clinici sugli effetti a medio e lungo termine.

9. Criteri decisionali delle ultime sentenze di merito sui vaccini: Cosa si intende per “dati scientifici univoci”?

Il secondo criterio si è basato, invece, non già su CTU approfondite bensì su opinioni singole e portatrici di interessi di parte, come nel caso del citato Tribunale di Ravenna 30 agosto 2021 che ha considerato univocamente valido quanto espresso dal Comitato Nazionale per la bioetica.

Il Comitato, in tema di vaccinazioni COVID-19 sui minori adolescenti ha dichiarato: “Se la volontà del grande minore di vaccinarsi fosse in contrasto con quella dei genitori, il Comitato ritiene che l’adolescente debba essere ascoltato da personale medico con competenze pediatriche e che la sua volontà debba prevalere, in quanto coincide con il migliore interesse della sua salute psico-fisica e della salute pubblica”.

Quest’ultimo, peraltro, è organo tecnico consultivo del Governo.

Il giudice monocratico in qualità di rappresentante di un potere terzo e autonomo rispetto all’esecutivo dovrebbe, per contro, affidarsi a valutazioni di tecnici indipendenti all’uopo nominati a titolo di consulenti d’ufficio.

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