Vai al contenuto

Divieto di assembramento nel decreto legge 221/2021, art. 6, comma 1: limiti all’applicabilità della norma.

Cosa ha previsto il decreto legge 221/2021, art. 6 comma 1? Su quali diritti inviolabili incide?
Cosa significa “assembramento”?
Quale può essere una lettura costituzionalmente orientata della norma?
Entro quali limiti è legittimo vietare riunioni a qualsiasi scopo tra cittadini?
È ammissibile la decretazione d’urgenza a tal fine?

L’ultimo decreto legge emanato in data 24 dicembre ultimo scorso, il decreto n° 221/2021 ha nuovamente introdotto l’ormai famoso divieto di assembramento per le solite note misure sanitarie di contrasto alla diffusione del virus Sars-CoV-2.

Esso ha previsto, tra le altre cose, che fino al 31 gennaio 2022sono vietati le feste, comunque denominate, gli eventi a queste assimilati e i concerti che implichino assembramenti in spazi aperti”.

In questa sede ci si concentrerà solo su questa disposizione poiché le altre disposizioni potranno essere approfondite meglio in seguito, unitamente all’emanando decreto attualmente deliberato dall’ultimo Consiglio dei Ministri del 05 gennaio ed in attesa di pubblicazione.

Nello specifico, si approfondirà il significato del concetto di “assembramento” la cui definizione non risulta esplicitata nel decreto in esame e, pertanto, dovrà essere desunta da altre norme.

Poiché, inoltre, la norma in esame incide direttamente e in modo radicale sul diritto di riunione dei cittadini, diritto inviolabile costituzionalmente garantito all’art. 17 Costituzione, occorre capire se ed entro quali limiti è possibile limitarne se non, addirittura, inibirne del tutto l’esercizio.

Indice.

  1. Qual è l’ambito di applicabilità dell’art. 6, d.l. 221/2021?
  2. Quali sono le fattispecie escluse dal divieto?
  3. Come possono essere inquadrate giuridicamente le fattispecie interessate dal divieto?
  4. Distinzione tra assembramento e riunione vera e propria.
  5. È comprimibile il diritto di riunione?
  6. Diritto di riunione come libertà negativa.
  7. Incomprimibilità del diritto di riunione e riserva assoluta di legge.
  8. Lettura costituzionalmente orientata dell’art. 6, comma 1, d.l. 221/2021.
  9. Cosa ha sostenuto TAR Lazio riguardo l’incomprimibilità della libertà di riunione?
  10. Conclusioni.

1. Qual è l’ambito di applicabilità dell’art. 6, d.l. 221/2021?

Primieramente occorre inquadrare da un punto di vista strettamente giuridico le fattispecie oggetto del divieto.

Esse ricomprendono i seguenti eventi, qualora implichino la formazione di un assembramento:

  • Feste comunque denominate o eventi assimilati;
  • Concerti.

Nel primo gruppo rientrano, verosimilmente, tutte le ipotesi di cerimonie, celebrazioni, ricorrenze, etc., sia pubbliche che private, dato che la norma non opera alcun distinguo né specificazione.

Nel secondo gruppo, secondo un principio di tassatività, dovrebbero essere ricompresi solo gli eventi di tipo musicale e non anche spettacoli di altro genere.

È sufficiente, in proposito, consultare banalmente il dizionario dove si legge alla definizione “concerto”: “trattenimento pubblico o privato dedicato all’audizione di musica strumentale, vocale-strumentale, sinfonica o da camera”.

2. Quali sono le fattispecie escluse dal divieto?

Non tutte le fattispecie sopra evidenziate ricadono nel divieto imposto dal d.l. in questione.

Vi rientrano solo quelle che “che implichino assembramenti in spazi aperti”.

Se ne deduce, in primo luogo, che rimangono ammesse quelle fattispecie che si verificano in luoghi chiusi.

Queste ultime, infatti, risultano consentite previo possesso ed esibizione della certificazione verde COVID-19 ai sensi del d.l. 52/2021.

Inoltre, ai fini del divieto, sono rilevanti solo gli eventi implicanti “assembramenti”, tutti gli altri sono consentiti.

Sul concetto si tornerà a breve poiché è necessario fare qualche breve premessa.

3. Come possono essere inquadrate giuridicamente le fattispecie interessate dal divieto?

Non vi è dubbio che le fattispecie interessate dal divieto di cui all’art. 6 Costituzione siano riconducibili al più ampio ambito di cui all’art. 17 Costituzione che sancisce il principio della libertà di riunione.

Essa consiste, come ha precisato certa dottrina, nella “volontaria e contemporanea presenza in un medesimo luogo, o in una successione di luoghi, di più persone fisiche che condividono il medesimo obiettivo” (così F. Rosa, Sub art. 17 in La Costituzione italiana, Commento articolo per articolo).

Per maggiori approfondimenti si rimanda a questo articolo.

Vi rientrano, pertanto, a pieno titolo anche gli eventi ricompresi dal divieto purché organizzati in spazio aperto.

4. Distinzione tra assembramento e riunione vera e propria.

Sulla scia di ciò, dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto di dover distinguere la riunione dall’assembramento.

Quest’ultimo è inteso come un agglomerarsi casuale di persone seppur differenziato dall’incontro meramente occasionale.

L’assembramento consiste, quindi, in una riunione non preventivamente organizzata o prevista.

In ciò si differenza dalla riunione tutelata si sensi dell’art 17 Costituzione, che nasce su base volontaria a seguito di condivisione di obiettivi, implicando una sorta di preorganizzazione.

5. È comprimibile il diritto di riunione?

In coerenza con siffatto orientamento, la Cassazione ha avuto modo di ribadire che “il diritto di riunione è tutelato nei confronti della generalità dei cittadini che, riunendosi, possono dedicarsi a quelle attività lecite anche se per scopo di comune divertimento o passatempo”.

Vedasi al riguardo Cassazione Penale sentenza 36228/2017 che ha citato Corte Costituzionale sentenza 142/1967.

Per cui è ragionevole ritenere, alla luce della su esposta interpretazione, che siano sempre leciti anche tutti quegli eventi rientranti nelle fattispecie contemplate dall’art. 68 Regio Decreto 773/1931, noto come TULPS, Testo unico leggi pubblica sicurezza, e dall’art. 666 c.p. e che possono essere agevolmente incluse anche nell’art. 6 decreto legge 221/2021.

Tali fattispecie non sono assoggettabili ad alcuna limitazione.

Restano esclusi solo gli eventi organizzati a titolo di attività imprenditoriali poiché essi rientrerebbero nell’ambito della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Costituzione.

Solo questi ultimi possono essere soggetti a limitazioni e, infatti, la normativa di ordine pubblico in riferimento alle autorizzazioni preventive è rivolta ad essi.

Mentre tutti gli altri eventi saranno sempre ammessi in quanto espressione di un diritto incomprimibile, con gli unici due limiti oggettivi della violenza e dell’uso delle armi,

6. Diritto di riunione come libertà negativa.

Secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza ciò discende dal fatto che l’art. 17 della Costituzione venga ricompreso tra le libertà negative, in relazione alle quali un soggetto può agire senza dover subire né impedimenti né costrizioni.

Per approfondimenti si rimanda a questo articolo.

Sotto questo profilo, proprio la libertà di riunione che, peraltro, presuppone una dimensione collettiva dell’esistenza dell’individuo, assurge a espressione della libertà di autodeterminazione e della libertà personale di cui all’art. 13 Costituzione oltre a rientrare, naturalmente, fra i diritti inviolabili che l’ art. 2 della Costituzione riconosce e garantisce all’ uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità

7. Incomprimibilità del diritto di riunione e riserva assoluta di legge.

In ragione di quanto sopra, si ritiene comunemente che il diritto di riunione possa essere limitato ma non possa essere compresso.

Eventuali limiti, inoltre, possono essere imposti solo nei casi e nei modi tassativamente indicati dalla legge come, d’altronde, previsto dallo stesso art. 13 Costituzione in tema di libertà personale a cui, come si è visto, la libertà di riunione è strettamente connesso costituendone espressione specifica.

Sempre per lo stesso motivo, è indiscutibile il fatto che la materia sia coperta da riserva assoluta di legge, con possibilità di normazione concessa costituzionalmente solo alle leggi formali e non anche agli atti aventi forza di legge.

Il decreto in esame desta, allora, rilevanti perplessità per un duplice ordine di ragioni:

  • Comprime del tutto (con un divieto totalizzante e aprioristico) la libertà di riunione;
  • Interviene su una libertà fondamentale protetta da riserva di legge formale.

8. Lettura costituzionalmente orientata dell’art. 6, comma 1, d.l. 221/2021.

Date queste considerazioni, il minimo che si possa fare è offrire una interpretazione dell’art. 6, comma 1, d.l. 221/2021 costituzionalmente orientata, per quanto sia possibile.

Poiché il decreto legge in esame incide sul diritto di riunione quale diritto inviolabile costituzionalmente garantito e protetto da riserva assoluta di legge, occorre quantomeno essere precisi sulla portata della definizione di “assembramento”.

Solo quest’ultimo, infatti, può essere legittimamente compresso dall’autorità di pubblica sicurezza, mentre per l’esercizio della libertà di riunione non occorre alcuna preventiva autorizzazione né sono ammissibili compressioni o limitazioni di sorta.

9. Cosa ha sostenuto TAR Lazio riguardo l’incomprimibilità della libertà di riunione?

In tal senso vedasi, esemplificativamente TAR Lazio Sentenza 1432/2012 secondo cui “una regola dettata in via generale e astratta che incide drasticamente sulla libertà di riunione garantita dall’art. 17 Cost. è evidentemente violativa di tale norma costituzionale in quanto tende a sostituire al regime costituzionale di tendenziale libertà un regime amministrativo in cui alla valutazione da compiere “a valle”, circa la eventuale sussistenza di comprovati motivi che giustificano il divieto, subentra una valutazione compiuta “a monte” di incompatibilità tout court di determinate modalità di svolgimento delle riunioni in luogo pubblico”.

Il TAR ha ulteriormente precisato: “le riunioni in luogo pubblico, inoltre, possono essere vietate solo per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica, o di ordine pubblico, argomentando dal combinato disposto dell’art. 17, comma 3, Cost. e dell’art. 18, comma 4, TULPS. E nell’esercizio del potere di veto, attribuito al Questore dall’art. 18 TULPS, è necessario indicare i “comprovati motivi”, vale a dire che occorre fornire una indicazione particolarmente rigorosa e coerente dei presupposti a base della determinazione adottata, proprio perché essa determina la compressione o addirittura il sacrificio di un diritto costituzionalmente garantito”.

Conseguentemente il TAR ha concluso che la libertà di riunione non può essere limitata a priori, con valutazioni ex ante, ma che la valutazione dei “comprovati motivi” deve essere fatta in relazione a ogni singolo caso concreto e deve essere precisa, con una motivazione stringente in ordine al provvedimento che dispone il divieto ed eventualmente impone sanzioni.

A ciò si aggiunga che l’unica legge formale che richiama il concetto di assembramento è il TULPS all’art. 20 e lo fa, peraltro, unitamente al concetto di “riunione”, con ciò differenziandoli implicitamente.

10. Conclusioni.

Non può che concludersi, allora, che il divieto operi solo ed esclusivamente per quegli eventi da cui scaturiscano riunioni casuali, non preorganizzate, di più individui poiché esse non rientrano nella più generale libertà di riunione.

È appena il caso di osservare, peraltro, che al divieto di cui all’art. 6, d.l. 221/2021 sono associate le misure di cui al DPCM 02/03/2021.

Fermo restando che rimane estremamente dubbia l’applicabilità di un DPCM in riferimento a materie coperte da riserva assoluta di legge, non è chiara comunque la sanzione applicabile.

Può ritenersi ragionevole, pertanto, che continui in realtà ad applicarsi la normativa attualmente vigente in tema di interruzione di assembramenti per motivi di pubblica incolumità.

In tal caso sarà necessaria una motivazione dettagliata e specifica in riferimento al caso concreto, che legittimi il relativo provvedimento amministrativo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *